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Kenzō Takada, omaggio a un maestro dello stile

Con questo articolo vogliamo ricordare Kenzō Takada, morto a causa del Covid-19 lo scorso 4 ottobre all’età di 81 anni presso l’ospedale americano di Neuilly-sur-Seine, comune dell’Île-de-France, il dipartimento in cui si trova Parigi. Lo ha comunicato un portavoce di K3, la linea di tessile per la casa lanciata da pochi mesi. Chi era Kenzō Takada e perché gli dedichiamo questo post?

KENZŌ TAKADA E L’ARREDAMENTO

Era uno stilista, ma era anche un designer. Per la precisione, un interior designer ed è questo secondo aspetto che ci interessa di più. Noi siamo molto attenti anche ad aspetti come gli arredamenti per interni.

Infatti, è stato un campione del Flower Power, lo stile che utilizza gli stampati con motivi floreali. Gli piaceva mischiarli, utilizzando colori saturi. L’effetto era decisamente d’impatto.

Il PRIMO UOMO A FARCELA

Nel 1958 (era nato nel 1939) s’iscrisse alla Scuola di Moda di Tokio (la Bunka Gakuen o Bunka Fashion College), che fino a poco tempo prima non accettava uomini. Una specie di Monte Athos al contrario. Anzi, Kenzō Takada fu il primo studente maschio o comunque uno dei primissimi.

Poco prima aveva lasciato l’università di Kobe: i suoi genitori avrebbero voluto che si laureasse in Letteratura. Ma quella facoltà proprio non gli piaceva. Senza quell’accettazione, probabilmente sarebbe diventato un insegnante mediocre e invece è diventato un grande stilista (semi-citazione da Fabrizio De André, che disse: “Se Mina non avesse portato al successo La Canzone di Marinella, sarei diventato un mediocre avvocato e invece sono diventato un discreto cantautore”).

IL PRIMO GIAPPONESE A PARIGI

Dopo essersi diplomato, andò a lavorare per i grandi magazzini Sanai, disegnando vestiti femminili. Era molto prolifico: fece addirittura 40 look in un mese.

Si trasferì a Parigi (1964). Glielo consigliarono i suoi insegnanti. Divenne parigino d’adozione.

Erano gli anni dello stile futurista di Courreges e di Balmain, delle sperimentazioni di Paco Rabanne e di Yves Saint Laurent

La popolarità arrivò quasi subito, anche se non subitissimo: infatti, la sua prima collezione risale al 1970 ed ebbe molto successo. La presentò al Vivienne Gallery. Dopodiché, aprì la prima boutique Jungle Jap. L’anno successivo fu la volta delle passerelle di New York e Tokyo. Nel 1972, la sua Patria gli conferì il riconoscimento Fashion Editor Club of Japan.

I PROFUMI, I FIORI E I COMPLEMENTI D’ARREDO

Nel 1988 cominciò a produrre profumi, di cui il più famoso è il Flower by Kenzo, nato nel 2000. Quello con il papavero, fiore che si nota e di cui ci si ricorda.

I fiori dovevano piacergli molto. Così come i colori. Il suo primo profumo fu Kenzo de Kenzo.

Nel 1999 lasciò la sua casa di moda alla sua assistente. Su questo punto occorre fare un po’ di chiarezza: infatti, nel 1993 cedette il marchio gruppo LVMH, ma continuò a dirigere la casa per sei anni.

Nel 2002 ecco la svolta che ci interessa. Infatti, è in quell’anno che iniziò a fare il decoratore e il designer di interni. Lanciò anche una linea di complementi d’arredo.

LA MORTE IN UN MOMENTO SIMBOLICO

Se ne è andato proprio durante la settimana della moda parigina. Pochi giorni prima, il 30 settembre, era andata in scena la collezione primavera/estate 2021.

Sidney Toledano, il CEO di LVMH Fashion Group, ha dichiarato che Kenzo è sempre rimasto vicino alla casa di moda e che solo il peggioramento della salute gli ha impedito di esserci. Toledano lo ricorda così: “”Penso fosse un grande designer e una gran bella persona”.

KENZŌ TAKADA ERA UN GIAPPONESE ATIPICO

Kenzō Takada era il quinto di sette figli. È stato il primo stilista del Sol Levante a conquistare Parigi. Si narra che da bambino rubasse i giornali di moda delle sorelle e li leggesse di nascosto. Proprio da lì, forse, è iniziato un percorso di vita che lo ha portato dove lo ha portato.

Oltre ai fiori e ai colori, amava l’animalier (il leopardato, per intenderci, ma faceva anche felpe con la tigre), l’oversize, le sproporzioni, i colori. E amava mischiare tutto. Un po’ anomalo per una persona proveniente dal Giappone, la Patria del minimalismo, dell’essenzialità e della misura e dell’estetica del buio (Amelie Nothomb, scrittrice belga nata a Kobe, la città dell’Università frequentata da Kenzo, nel libro La nostalgia felice ha scritto che i monumenti giapponesi sono fatti per essere visti al buio.

O FORSE NO? IL K3 E LA CASA (ANCHE A MILANO)

Tuttavia, quest’anima è ritornata nel design di K3, che si occupa di mobili, tappeti, carte da parati, ceramiche, lenzuola, biancheria per la casa e per il bagno. Recentemente, aveva lanciato una collezione incentrata su tre linee: la “Shogun”, di carattere sobrio e con molto bianco e nero, la “Sakura”, che vuole dare un’idea di armonia e di tranquillità e che usa un po’ di oro e dei colori pastello, e la “Maiko”, che usa vivaci come il rosso e il rosa per rendere omaggio al kimono e al trucco delle geishe.

È prevista l’apertura di uno showroom a Milano.

Queste parole spiegano bene il cambiamento di Kenzo: “Nell’abbigliamento bisogna essere per tutto il tempo immersi nelle collezioni e questo richiede un’organizzazione più grande, dei laboratori e tutto il resto: non posso più lavorare così”.

IL KINTSUGI, GLI OGGETTI E IL RICICLAGGIO

Nel fare questo lavoro, si è ispirato al “kintsugi”, l’arte giapponese di riparare porcellane o ceramiche rotte con giunzioni di lacca cosparse d’oro. Questa tecnica risale al Quattrocento.

Anche il logo di K3 richiama il kintsugi, così come i motivi di alcuni tessuti.

Engelbert Honorat, che era un assistente di Kenzo, ha detto: “È un modo per ricreare un patchwork aggiungendo una traccia d’oro ed è un processo che trascrive il modo di pensare giapponese secondo cui si nobilita qualcosa rimanendo semplici”.

“Il kintsugi rende l’oggetto ancora più bello e s’iscrive perfettamente nello spirito moderno del riciclaggio. Uno dei pezzi forti della prima collezione è un tavolino con un buco nel mezzo e un piede che può essere riempito con acqua, consentendo molteplici utilizzi. Vi si possono lasciar galleggiare dei petali in superficie o mettervi dei mazzi di fiori, un omaggio all’arte dell’ikebana. I mei interni ideali sono quelli confortevoli, che ti invitano a stare a casa. Mi piacciono le cose dolci e poetiche, non aggressive. Mi piace sognare”. Lo ha detto Kenzō Takada.

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